Amici Miei

Amici miei

1975 ‧ Commedia/Drammatico ‧ 2h 20m

Erano altri tempi, tempi in cui quando si diceva “Commedia all’italiana” non si pensava ai cinepanettoni, tempi in cui si pensava a capolavori nati dal genio di Monicelli, di Germi, di Totò, tempi in cui stare seduti davanti ad un grande schermo era pura magia. Era il 1975 quando le immagini straordinarie raccontavano al cinema l’opera ideata da Pietro Germi e conclusa postuma da Mario Monicelli, Amici miei. La storia di cinque amici che vanno incontro alla vita con approccio infantile, gozzovigliando e facendo scherzi: famiglie, fidanzate non comprendo la loro assoluta giocosità e pertanto si lasciano alle ‘zingarate’, viaggi senza meta che li conducono in sicuri guai. La struttura della trama è sorretta fondamentalmente dai personaggi, straordinariamente interpretati da mostri sacri del panorama cinematografico italiano e mondiale: Ugo Tognazzi è il conte Mascetti, completamente in disgrazia ma gonfio di orgoglio al punto da rifiutare l’aiuto (anche economico) dei suoi compari. Anche se ha una famiglia non riesce a resistere al fascino femminile. E’ lui l’ideatore della celeberrima supercazzola, una serie di parole senza senso col l’unico scopo di prendere in giro l’interlocutore senza che questi se ne accorga. Gastone Moschin è Il Melandri, l’amico colto che si innamora di una donna alla volta per onorare il puro sentimento, una sorta di specchio del conte Mascetti, ma anche degli altri compari. Questo lo porterà però ad un matrimonio complicato. Philippe Noiret è Il Perozzi, un padre single spesso in contrasto col figlio per il suo atteggiamento superficiale e goliardico. E’ grazie al suo lavoro di giornalista che riuscirà a contribuire in modo sostanziale agli scherzi organizzati. Duilio Del Prete è Il Necchi, sposato e fedele, proprietario di un bar/tabacchi, punto di ritrovo dei cinque amici. Infine, Adolfo Celi è Il Professor Sassaroli, new entry del gruppo, conosciuto dagli altri in ospedale, dopo una zingarata conclusasi con un incidente stradale. Solo dalla descrizione dei protagonisti non si può non comprendere l’esistenza di una doppia anima della magistrale pellicola, un’anima comica ed un’anima drammatica che si ritrovano a coesistere nella narrazione delle vicende dei cinque straordinari interpreti. Non poteva che essere Mario Monicelli il ‘direttore’ di questa straordinaria orchestra, dove tutto funziona alla perfezione. Il regista adatto a trattare questo tipo di narrazione, dove si alternano momenti estremamente divertenti, mai demenziali, a momenti riflessivi e drammatici in cui traspare il disincanto verso la condizione dell’italiano medio, chiara denuncia verso ciò che si vuol invece far trasparire dallo schermo televisivo. Monicelli non è nuovo di tali denunce: I Nuovi Mostri ed Un Borghese Piccolo Piccolo, fanno da caposaldo alla sua voce di critica sociale. E’ suo il grande merito di aver scritto un capitolo importante della nostra storia del cinema: la trovata semplice e divertente della supercazzola che insieme alla scena dello schiaffo ai passeggeri del treno, resta una delle scene più iconiche del film. Inquadrature semplici e ben studiate e predilezione di una fotografia naturale, con buon uso della luce reale, sono il risultato di un film che riflette la realtà delle cose, una firma per dire al pubblico che Amici miei è lo spaccato dell’Italia di quegli anni, un’Italia nuda e cruda, dove la felicità a volte va ricercata in atti di goliardia e superficialità che ti portano ad evadere dalla dura realtà.

 


Trama – fonte: www.comingsoon.it

Amici miei, è un film del 1975 diretto da Mario Monicelli. Il conte Raffaele Mascetti (Ugo Tognazzi), l’architetto Rambaldo Melandri (Gastone Moschin), il redattore Giorgio Perozzi (Philippe Noiret) e Guido Necchi (Duilio Del Prete) sono quattro amici inseparabili che, giunti alla soglia dei cinquant’anni, non hanno perso il loro spirito fanciullesco e la voglia di organizzare scherzi. All’affiatato gruppo di toscani si unisce Alfeo Sassaroli (Adolfo Celio), primario di una clinica privata dove i quattro amici furono ricoverati, a seguito di uno scherzo finito male. Durante il soggiorno nella clinica, Melandri trova finalmente la sua anima gemella. Si tratta di Donatella (Olga Karlatos), moglie di Sassaroli, che tuttavia si rileverà una donna dispotica e superficiale che metterà a dura prova il povero Melandri. Perozzi, nel frattempo, vive una situazione drammatica a causa del rapporto burrascoso con la moglie Laura (Angela Goodwin) e il figlio Luciano (Maurizio Scattorin). Quest’ultimo, in particolare, è molto serio e metodico e disprezza l’atteggiamento immaturo di suo padre. Il conte Mascetti, invece, è un nobile decaduto ed è costretto ad accettare i favori economici di amici e conoscenti, mantenendo sempre il suo orgoglio. Mascetti ha una relazione extraconiugale con la giovane Titti (Silvia Dionisio) che, tuttavia, finirà con il deluderlo amaramente. Stanco delle ripetitive giornate lavorative, il Perozzi fantastica sulla prossima avventura che vivrà con i suoi amici e rivanga il passato, ricordando il crudele ma geniale scherzo ai danni del pensionato Righi (Bernard Blier). Un evento improvviso scuoterà la vita degli amici, che riusciranno a conservare la loro verve anche in una situazione drammatica…


Cast – fonte: www.comingsoon.it


Trailer


Riconoscimenti – fonte: www.mymovies.it

Il film ottenne tre candidature ai Nastri d’Argento del 1976 e vinse tutti i premi:
Miglior sceneggiatura a Tullio Pinelli
Miglior soggetto originale a Pietro Germi, Piero De Bernardi, Leonardo Benvenuti
Miglior produzione a Andrea Rizzoli

Il film ottenne due candidature ai David di Donatello del 1976 e vinse tutti i premi:
Miglior attore a Ugo Tognazzi
Miglior produzione a Andrea Rizzoli


Curiosità – fonte: www.vanityfair.it

1. Amici Miei, in realtà, nasce da un’idea di Pietro Germi. Il regista di Divorzio all’italiana realizzò il soggetto originale del film e solo quando morì – nel 1974 – l’amico Mario Monicelli decise di girarlo. Amici miei è a lui dedicato: nei titoli di testa è riportato significativamente «un film di Pietro Germi» e solo «regia di Mario Monicelli».

2. Il significato del titolo si riferisce, proprio, ad una frase di addio pronunciata da Pietro Germi, il quale si espresse una volta dicendo: “Amici miei, ci vedremo, io me ne vado”.

3. Nel progetto originale di Germi, il film non doveva essere ambientato a Firenze bensì a Bologna. Fu Monicelli a decidere di cambiare location.

4. Gli «Amici miei» sono esistiti per davvero. I personaggi del film s’ispirano a cinque buontemponi livornesi che, intorno agli anni ’30, nei pressi di Castinglioncello, compivano goliardici scherzi ai danni dei passanti. Si chiamavano Mazzingo Donati, immunologo fiorentino, Ernesto Nelli, architetto, Giorgio Menicanti, nobile del luogo, Silvano Nelli, giornalista, e Cesarino Ricci, suo collaboratore.

5. Anche le mitologiche zingarate sono ispirate a fatti reali. Pare che il maestro della supercazzola fosse Raffaelo Pacini, amico di Monicelli. I termini «supercazzola» e «zingarata» sono entrati di diritto nel dizionario della lingua italiana.

6. In origine, il ruolo di Raffaello Mascetti – il nobile decaduto interpretato da Ugo Tognazzi – fu proposto a Marcello Mastroianni, mentre «Il magnifico cornuto» avrebbe dovuto vestire i panni del Perozzi. Il pupillo di Fellini decise però di rifiutare l’ingaggio, temendo che la sua performance venisse offuscata dalle sue co-star. Monicelli propose allora il nome di Raimondo Vianello che declinò a sua volta. Il personaggio fu allora assegnato a Tognazzi, e per la parte del reporter Perozzi fu ingaggiato Philippe Noiret.

7. Lo scantinato dove è costretto a vivere il Mascetti, il conte caduto in disgrazia, è uno scantinato condominiale in piazza dell’Isolotto a Firenze.

8. «Bella figlia dell’amore» che gli amici intonano in coro, durante il battesimo, è una citazione del Rigoletto di Giuseppe Verdi. La mitica «Ma vaffanzum!» del secondo atto, invece, utilizza la stessa sinfonia del Barbiere di Siviglia di Rossini.

9. Girare la celeberrima scena degli schiaffi ai viaggiatori in partenza da Santa Maria Novella fu un vero e proprio incubo. Pare che Monicelli incitasse i suoi protagonisti a colpire con forza le malcapitate comparse, le quali non la presero proprio bene.

10. Birillo, il gigantesco San Bernardo portato a spasso da Rambaldo (o forse sarebbe meglio dire il contrario) in realtà si chiamava Bob del Soccorso (per tutti, Brandy). La mastodontica bestiola apparteneva al più famoso allevatore italiano del tempo, il dott. Antonio Morsiani di Bagnara di Romagna, che ne aveva fatto una star a quattro zampe.



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