La dolce vita

La dolce vita

1960 ‧ Drammatico/Commedia ‧ 2h 54m

Pietra miliare della storia del cinema internazionale, La Dolce Vita del maestro Federico Fellini, vincitrice nel 1960 della Palma d’Oro al Festival di Cannes, narra le vicende del giornalista Marcello Rubini (uno straordinario Marcello Mastroianni), che ha il sogno di diventare scrittore. Marcello conduce una vita che incrocia quella di dive come Anita Ekberg, di intellettuali come Alain Cuny ed una serie di amori intrecciati, Anouk Aimèe, Yvonne Fourneaux, Magall Nöel, una vita frenetica che colma nella speranza di elevarsi sempre più. Con una pellicola destinata a fare la storia del cinema italiano, contraddistinta dal finale disarmante in pieno stile felliniano, l’autore e regista ci porta nella Roma della dolce vita, una Roma dissacrata, corrotta ed arrogante, celata da flash e bottiglie di champagne. Una trasposizione di avvenimenti realmente accaduti che vaga fra luoghi culto di quella Roma degli anni ’60, con protagonista via Veneto e la sua movida, i bar frequentati da starlet e dive del cinema, così come anche la vita quotidiana e quella intima ed intellettuale degli interni dei salotti dell’aristocrazia capitolina. La trama si muove nella dimensione che è divenuta impronta digitale del maestro Fellini, ovvero onirica ed incantata, in un clima predominante notturno: gran parte degli episodi si svolgono di notte, dove qualsiasi cosa possibile viene celata dal mistero delle tenebre e vive fino al sorgere delle prime luci dell’alba, simbolo di purificazione, di realtà, di vero, di quotidianità. Fra scene surreali ed enigmatiche si fa largo il protagonista di questa strabiliante storia, Marcello, alter-ego del regista, curioso di quanto accade nella città così come di ciò che accade nell’animo umano: Marcello fa i conti con il gusto ed il disgusto del sapore che gli offre l’ambiente in cui vive, forse conscio del rischio che corre nel potersi perdere in questa giungla che può essere Roma, contraddistinta da variegati abitanti e passanti. Il suicidio dell’amico, a cui Marcello era molto legato, smuove qualcosa nel cinico protagonista portandolo all’autodistruzione. Similitudini, narrazioni oniriche, sono frutto dei pensieri intimi del regista che prendono vita nella realtà del buon Marcello: la visione del mostro sulla spiaggia, Paolina che cerca di parlargli ma non riesce a sentirla, sono solo citazioni della quotidianità di Marcello che corre veloce verso il baratro. Ma come l’alba è simbolo di speranza, anche il sorriso finale della bambina fa sperare che tutto non sia ancora perduto, che forse per Marcello, e così anche per noi, ci sia ancora speranza. Fortemente criticato ed addirittura censurato dalla società dell’epoca, La Dolce Vita di Fellini è un ritratto dissacrante della Roma bene, riuscendo in un’attenta e scrupolosa analisi della società di quell’epoca, donando a noi spettatori la possibilità di riflettere, disperare e, nel finale, addirittura sperare. La regia, gli attori e la sceneggiatura sono sublimi ed armonizzati perfettamente con i silenzi e con la colonna sonora di Nino Rota, ormai parte dell’immaginario collettivo con le sue melodie di gusto circense.

 


Trama – fonte: www.comingsoon.it

La dolce vita, film drammatico diretto da Federico Fellini, racconta le vicende di Marcello Rubini (Marcello Mastroianni), un giornalista di scoop scandalistici che vorrebbe in realtà scrivere romanzi. La pellicola, ambientata nella Roma mondana degli anni ’60, svela, attraverso diversi episodi, luci e ombre della società capitolina dell’epoca. Come l’arrivo su un elicottero di una statua del Cristo diretta al Vaticano, che suscita stupore e curiosità nei passanti, o l’incontro di Marcello con Maddalena (Anouk Aimée), affascinante donna con cui passa una notte di forte passione. Ma il reporter non è solo: ha una fidanzata, Emma (Yvonne Furneaux) che, scoperto il tradimento, tenta di togliersi la vita ingerendo delle pasticche, senza però riuscirci. Dopo la scampata tragedia, Marcello si butta a capofitto nel lavoro, accettando di seguire per il suo giornale Sylvia (Anita Ekberg), famosa stella del cinema hollywoodiano. Bionda, bellissima e un po’ folle, l’attrice decide di ballare immersa nell’acqua di Fontana di Trevi, coinvolgendo anche il giornalista che perde la testa per lei. Ad aspettarli sotto l’albergo di Sylvia, però, c’è il suo fidanzato che, pieno di rabbia, prende a pugni Marcello, sotto lo sguardo attento dei paparazzi. Il protagonista riprende la sua vita, tra servizi fotografici e misteriose apparizioni spirituali da schiaffare in prima pagina. Tra un lavoro e l’altro, frequenta l’alta società romana, di cui fa parte anche il suo amico intellettuale Enrico Steiner (Alain Cuny), partecipando a strane feste dove si fanno sedute spiritiche e particolari giochi di seduzione. Marcello, però, è stanco e insoddisfatto di inseguire una vita che non gli appartiene…


Cast – fonte: www.comingsoon.it


Trailer


Riconoscimenti – fonte: www.mymovies.it

Il film ottenne ben quattro candidature ai Premi Oscar del 1962, portandosi a casa una statuetta:
Migliori costumi per film in bianco e nero a Piero Gherardi

Le altre nomination furono:
Nomination Miglior regia a Federico Fellini
Nomination Miglior sceneggiatura originale a Tullio Pinelli, Ennio Flaiano, Brunello Rondi, Federico Fellini
Nomination Miglior scenografia per film in bianco e nero a Piero Gherardi


Curiosità – fonte: www.vanityfair.it

1. La pellicola è una produzione italo-francese, girata tra la primavera e l’estate del 1959. Il primo ciak fu battuto il 16 marzo alle ore 11:35. Vennero allestiti circa 80 set a Cinecittà che ricreavano scenari come Via Vittorio Veneto o l’interno della cupola di San Pietro meticolosamente ricostruiti nel Teatro 5.

2. Durante le riprese della celeberrima scena nella Fontana di Trevi, l’algida Anita Ekberg non mostrò alcun problema a restare in acqua per ore. Al contrario del suo freddoloso collega Mastroianni, costretto a indossare una muta sotto lo smoking e a buttare giù una bottiglia di vodka, prima di immergersi (mezzo ubriaco) in quelle gelide cascate.

3. Dino De Laurentiis, che aveva anticipato 70 milioni di lire, abbandonò il progetto in seguito a divergenze artistiche con Fellini, il quale fu costretto a cercarsi un altro produttore che ripagasse anche l’anticipo al magnate cinematografico. Dopo varie trattative, Rizzoli e Amato produssero la pellicola il cui budget ammontava a 540 milioni.

4. La rottura tra Fellini e De Laurentiis avvenne proprio sul nome di Mastroianni: a differenza del regista, il produttore non lo riteneva adatto per il ruolo. Gli avrebbe preferito una star che garantisse internazionalità alla pellicola, come Paul Newman, desideroso di ingaggio felliniano, ma che fu costretto a rinunciare, respinto dal testardo FeFe.

5. La scena del party d’élite al castello viterbese, girata nel palazzo Giustiniani-Odescalchi di Bassano Romano (all’epoca Bassano di Sutri), non era presente nella sceneggiatura originale e fu improvvisata.

6. Fellini prese molti spunti dai servizi del reporter Tazio Secchiaroli e lo stesso personaggio di Paparazzo fu ispirato al re delle fotocronache romane.

7. «Paparazzo» fu coniato da FeFe. Sulla sua origine circolano, però, versioni disparate. La Masina dichiarò di aver suggerito al marito questo termine, componendo «pappataci» (zanzare) e «ragazzi». Altri ne attribuiscono la paternità al co-sceneggiatore Flaiano che paragonò l’obiettivo dei fotografi alle vongole, «paparazze» in dialetto abruzzese.

8. La Dolce Vita ha influenzato Woody Allen nella realizzazione del suo film più famoso, Manhattan. Il regista newyorkese dichiarò di aver «spiato» la Grande Mela come Fellini fece con Roma, costruendo il suo personaggio su quello di Marcello Rubini interpretato da Mastroianni.

9. Il «dolcevita», il maglioncino a collo alto, fu così ribattezzato dopo che Mastroianni lo indossò nel film, vincitore dell’Oscar per i migliori costumi creati da Piero Gherardi.

10. Durante le riprese alla Fontana di Trevi, Fellini si lamentò del fatto che l’acqua fosse sporca. Un rappresentante della Scandinavian Airlines System che aveva assistito alla polemica fornì alla troupe una speciale tintura «verde oceano» che la compagnia aerea usava per la simulazione degli atterraggi di emergenza in mare.



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