American Beauty

American Beauty

1999 ‧ Romantico/Drammatico ‧ 2h 2m (VM14)

Re per una notte fu incoronato nel 2000 il regista Sam Mendes, giovane esordiente con grandi successi teatrali alle spalle, ma neofita nel mondo del cinema che conta. Steven Spielberg ed Alan Ball vinsero la scommessa col mondo di Hollywood, dando l’opportunità a Mendes di guidare un cast promettente nel raccontare lo script originale firmato da Ball, uno script profondo che smantella, senza alcun velo, l’American Dream della borghesia a stelle e strisce. Il regista studia a fondo la sceneggiatura e porta sul set tutta la sua esperienza fatta principalmente di teatro: infatti, il progetto American Beauty, nasce da un accurato lavoro preliminare di storyboarding, che ne rivela un’impalcatura propria del mondo teatrale.

Approccio le cose a livello visivo, prima di addentrarmici a livello emozionale.

Non sono solo le parole di Sam Mendes, ma un approccio che ha dato vita ad un’immagine capace di comunicare tutta l’emotività in essa contenuta, grazie anche alla splendida ed accurata fotografia di Conrad L. Hall.
Ogni singolo fotogramma invita lo spettatore ad accostarsi alla realtà, che gli viene mostrata da ogni prospettiva possibile, prima di poter dare giudizi. Le “splendide” rose rosse, nome dato ad una varietà di rosa da cui prende il nome la pellicola, sono disseminate in tutto il film a rappresentare il “narratore” silente che ci guida nei meandri di questa torbida e labirintica storia, conservando una grande certezza iniziale: assistere ad un racconto che parla innanzitutto di bellezza perduta, inafferrabile, inaspettata, ma pur sempre presente all’interno delle esistenze complicate o disfatte dei suoi protagonisti. Persone che hanno perso la voglia di vivere, la passione, ormai sommersi dalle incombenze materiali della quotidianità o che devono ancora trovare la propria strada, lottando contro un’ossessione generalizzata per l’apparenza, in grado di allontanarli inesorabilmente da ciò che sono e da ciò che è vero, il cui aspetto risulta spesso ingannevole rispetto alla sostanza.
Tutto parte da una famiglia all’apparenza normale, ma i cui rapporti si sono completamente deteriorati, lasciando spazio ad un’insoddisfazione rabbiosa, dove la sopraggiunta incapacità di procurarsi gioia spinge a ricercarla in un qualunque altrove, in qualcosa di diverso che sia in grado di riaccendere la miccia della voglia di vivere. Problemi adolescenziali, vicini omofobi, problemi psichiatrici, sono realtà parallele che si intrecciano, si fondono e si scontrano con l’insoddisfazione dei Burnham, minando quell’equilibrio precario di parte dei protagonisti, fino a farlo precipitare, fino a quando non sono costretti a gettare la maschera, rivelando, prima a sé stessi e poi agli altri, le proprie indesiderate fragilità, trovandosi al cospetto della loro vera personalità. Ecco allora che tutto il lavoro fatto per dare un’immagine di sé vincente o semplicemente accettabile, agli occhi severi del proprio Io, va in frantumi di fronte all’emergere prepotente della propria vera essenza. Lester è l’unico capace di affrontare le sue insicurezze estraniandosi dalla realtà quel tanto che basta, per poi riuscire a valutare con estrema lucidità e trovando, così, la forza di affrontarla nel modo giusto.
La regia di Sam Mendes affronta ogni trasformazione dei suoi personaggi, giocando sapientemente con luci ed ombre, e creando giochi di specchi tali da racchiudere in uno stesso fotogramma più prospettive dello stesso personaggio, sottolineando ancora una volta la chiave di lettura di un film in cui non ci sono vincitori ma solo vite umane che, dopo un lungo e difficile processo di introspezione, raggiungono un livello più o meno elevato di consapevolezza, anticamera obbligata di ogni possibile felicità e salvezza. American Beauty è dunque un’opera capace di far rimpiangere quella concezione, oggi sempre più rara, di un cinema fatto di storie, persone, significati ed emozioni.

 


Trama – fonte: www.comingsoon.it

American Beauty, film del 1999 diretto da Sam Mendes, è la storia di Lester Burnham (Kevin Spacey), un uomo di 42 anni in piena crisi di mezza età: è insoddisfatto del suo lavoro, nel quale non si sente utile e produttivo, e a rischio licenziamento. È sposato con Carolyn (Annette Bening), un’ambiziosa agente immobiliare, anche lei frustrata dal lavoro. Ha una figlia di nome Jane (Thora Birch) di sedici anni, in piena ribellione adolescenziale e con scarsa autostima.
Il piattume esistenziale di Lester viene sconvolto dall’incontro con Angela Hayes (Mena Suvari): la cheerleader e amica di Jane. Durante una partita di pallacanestro, la ragazza si esibisce in una performance che riscuote bruscamente i sensi dell’uomo. Questa improvvisa infatuazione fa sì che Lester metta in atto tutta una serie di cambiamenti, dal comprare un’automobile sportiva a minacciare il suo datore di lavoro, che sembrano donargli nuova linfa vitale. Sua moglie Carolyn, anche lei vittima dell’insoddisfazione, intraprende una relazione clandestina, ma quando Lester la scopre, questi reagisce con indifferenza.
Nel frattempo, Lester conosce anche Ricky (Wes Bentley), suo vicino di casa: il ragazzo è figlio del colonnello Frank Fitts (Chris Cooper), un uomo estremamente autoritario e conservatore, tanto che Ricky si finge un bravo studente agli occhi del padre, ma in realtà consuma e spaccia marijuana. Grazie alla sua attività illegale ha potuto comprare una videocamera, con la quale riprende tutto ciò che lo colpisce, tra cui anche Jane: i due iniziano a frequentarsi e si innamorano. Ciò scatena l’invidia di Angela, che è sempre in cerca di approvazione e, dopo che flirta con Lester, le due amiche litigano e si allontanano. Le vite di tutti i protagonisti si intrecceranno improvvisamente quando una serie di fraintendimenti svelerà la vera natura di ciascuno.


Cast – fonte: www.comingsoon.it


Trailer


Riconoscimenti – fonte: www.mymovies.it

Il film ottenne ben otto candidature ai Premi Oscar del 2000, portandosi a casa cinque statuette:

Miglior film
Miglior regia a Sam Mendes
Miglior attore a Kevin Spacey
Miglior sceneggiatura originale a Alan Ball
Miglior fotografia a Conrad L. Hall

Le altre nomination furono:
Nomination Miglior attrice a Annette Bening
Nomination Miglior colonna sonora a Thomas Newman
Nomination Miglior montaggio a Tariq Anwar


Curiosità – fonte: www.culturecrawlers.it

1 – Vogliamo Willis! E invece no…
All’inizio della produzione del film, la Dreamworks prese in considerazione diversi attori per il ruolo di Lester (che alla fine andò a Kevin Spacey). La produzione voleva scegliere a tutti i costi attori con una grande notorietà alle spalle, ma il regista Sam Mendes era di tutt’altra opinione, avendo già scelto Spacey per il ruolo. Nella lista degli attori in lizza spiccano i nomi di: Tom Hanks, John Travolta, Bruce Willis e Chevy Chase.

2 – Annette chi?
Per il ruolo di Carolyn, la produzione aveva deciso di assumere Helen Hunt Holly Hunter, ma alla fine venne scelta Annette Bening.

3 – Ci serve una pancia diversa, ora!
La celeberrima locandina del film ritrae una pancia femminile con sopra di sé una mano che impugna una rosa (American beauty). A chiunque (dopo aver visto la pellicola) verrebbe da pensare che il corpo sia dell’attrice Mena Suvari, che interpreta il personaggio di Angela Hayes, ma in realtà sia la pancia sia il corpo appartengono a due modelle diverse: rispettivamente a Chloe Hunter e a Christina Hendricks.

4 – Citazioni e parodie
Molte opere successive alla pellicola, hanno citato e parodiato alcune delle sue scene più iconiche. Un esempio potrebbe essere la cascata di bistecche che cadono su un estasiato Alex (il leone) nel film d’animazione”Madagascar“, sempre del marchio di produzione Dreamworks. I più attenti avranno notato lo stesso tipo di citazione, anche se in forma un pò più volgare, nel film parodistico più famoso dal 2000 in poi, Scary movie, l’irriverente parodia che ha dato un nuovo input nei film di tipo demenziale. La scena citata è quella in cui Cindy (Anna Faris) si ritrova sul soffitto a causa della funesta eiaculazione del suo ragazzo Bobby. Infine, anche la serie animata ideata da Seth MacFarlane, ”I Griffin”, ha trovato un modo originale e spassosissimo per prendere un pò in giro la famosissima scena della busta.

5 – Pioggia di premi!
Il film oltre ad essere stato accolto strepitosamente dal pubblico, ricevette un vastissimo numero di riconoscimenti da parte della critica. Durante la 57esima serata dei Golden Globes, American beauty ottenne 3 statuette (miglior film drammatico, miglior regista e miglior sceneggiatura) su 6 nominations, andando contro molte delle previsioni che erano state fatte. Successivamente, nella 72esima edizione degli Oscar, la pellicola trionfò contro i suoi concorrenti, uscendone vittorioso con ben 5 statuette (miglior film, miglior regista, migliore attore protagonista, miglior fotografia e miglior sceneggiatura originale) su 8 nomination ricevute. Mica male!

6 – Kubrick?! Dove?!
Nei titoli di coda del film appare la scritta «Special thanks to Dr. Bill & Alice». Questo dettaglio è un riferimento ai personaggi interpretati da Tom Cruise e Nicole Kidman, rispettivamente il Dr. Bill Harford e la moglie Alice, nell’ultimo lavoro fatto dal regista Stanley Kubrick prima di morire, ovvero “Eyes Wide Shut“. Il motivo di tutto ciò è l’amicizia che lega il regista Sam Mendes ai due attori già citati.

7 – Schiena piegata, spalle abbassate e tanti altri sporchi (non troppo) trucchetti…
Nel corso del film, il personaggio di Kevin Spacey (Lester) decide di curare il suo fisico cominciando a fare esercizi fisici e sollevamento pesi. Il miglioramento del fisico dell’attore si riesce a percepire durante lo svolgersi degli eventi, ma siccome la stragrande maggioranza delle scene nei film non sono girate in ordine cronologico (American beauty compreso), come avranno fatto a mantenere una coerenza fisica? La risposta in realtà è molto semplice, Kevin Spacey ha utilizzato dei trucchetti di postura del corpo, riuscendo a non far notare i suoi progressi fisici nelle prime fasi del film.

8 – Fortuna del principiante?
Alan Ball (lo sceneggiatore del film) aveva visto delle opere teatrali dell’allora inesperto Sam Mendes e, colpito dal suo senso visivo, decise insieme a Steven Spielberg di affidare la regia a questo giovane talento con nessuna esperienza cinematografica. La fiducia dei due fu riposta nell’uomo giusto: la regia di Mendes venne apprezzata dalla critica di tutto il mondo.

9 – Incassi da capogiro…
Il film costò appena 15 milioni di dollari alla casa di produzione! Durante le settimane in cui uscì nei cinema di tutto il mondo, si ottenne un incasso di ben 356 milioni. Difficile pensare che un film che distrugge senza alcun tipo di velo la borghesia americana e il suo “American dream”, sia riuscito ad incassare così tanto!

10 – Lester C.C. Burnham
Per aiutare Spacey ad immedesimarsi al meglio con il suo personaggio, Mendes gli chiese di studiare il personaggio C.C. Baxter interpretato magistralmente dall’attore Jack Lemmon nel capolavoro di Billy Wilder, “L’ appartamento”. Spacey dovette imparare a muoversi e ad osservare le cose come il personaggio di Lemmon. L’intenzione finale era quella di evidenziare il modo di agire di un uomo speciale all’interno di un contesto monotono e ripetitivo.



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