La leggenda del re pescatore

La leggenda del re pescatore

1991 ‧ Commedia/Fantasy ‧ 2h 17m

C’era una volta un film che non voleva essere solo un film. Era un sogno sghembo, una favola sporca, una preghiera fatta tra i bidoni dell’immondizia di New York. Si chiamava The Fisher King, e camminava su due gambe: una apparteneva a Terry Gilliam, l’altra a Robin Williams. Ma non era solo. Jack era il primo a entrare in scena, voce tagliente da conduttore radiofonico, vestito d’arroganza e sarcasmo. Dietro di lui, un’ombra: un evento tragico, uno sparo lontano. La narrazione cominciava così, tra l’eco della colpa e il ronzio di una carriera che cadeva in picchiata. Poi arrivò Parry. Un folle? Un cavaliere? Un uomo rotto? In lui, la regia di Gilliam trovava il suo gioco preferito: mischiare realtà e allucinazione senza preavviso. Con la macchina da presa che scivola e si piega, che gira intorno ai personaggi come se cercasse la verità nel caos. Il Red Knight — il cavallo demoniaco del trauma — non era solo un simbolo: era cinema visivo al suo massimo. Fuoco, rosso, rincorsa, angoscia. In mezzo a tutto questo, un cuore pulsante. La fotografia firmata Roger Pratt bagnava i marciapiedi con luci calde e fredde in collisione, e ogni scena sembrava dirti: “Anche nel disastro, c’è bellezza“. Le musiche di George Fenton non accompagnavano solo, ma sussurravano speranza. E poi c’era la scena del ballo nella Grand Central Station: un minuto di pura poesia, in cui la follia si traveste da grazia. Nessuna parola. Solo umanità. I personaggi femminili — straordinaria Mercedes Ruehl in un’interpretazione da Oscar, e l’imprevedibile Amanda Plummer — non erano comparse nel mondo dei protagonisti: erano il mondo stesso che chiedeva di essere ascoltato. Il montaggio era fluido, quasi invisibile, ma preciso come una partitura. La sceneggiatura di Richard LaGravenese disegnava dialoghi affilati e sinceri, capaci di passare in un attimo dalla risata alla commozione, senza forzature. Ma soprattutto, questo film parlava a chi ha sbagliato. A chi ha perso tutto. A chi si è seduto nel buio e ha avuto paura di non rivedere mai più la luce. E così, mentre le luci si riaccendono in sala, ci si ritrova cambiati. Non perché il film offra risposte, ma perché — come Parry — ti ricorda che anche un pazzo può essere un eroe. E che forse, in fondo a ogni città, dietro ogni volto ferito, c’è ancora un Graal da cercare.

 


Trama – fonte: www.comingsoon.it

La leggenda del re pescatore, è un film drammatico del 1991 diretto da Terry GilliamJack Lucas (Robin Williams) è un deejay radiofonico di grande successo ma di poca sensibilità che, con i suoi commenti superficiali durante una trasmissione, induce un ascoltatore con disturbi mentali a compiere un suicidio di massa in un ristorante di Manhattan. Lo ritroviamo tre anni dopo, in un negozio di video, dove lavora per la sua ragazza Anne (Mercedes Ruehl), depresso e devastato dai sensi di cola e dall’alcool. Una notte, alla guida della sua moto, decide di suicidarsi ma, mentre sta per gettarsi nel fiume, viene aggredito da una banda a caccia di homeless. A salvarlo è l’intervento di Parry (Jeff Bridges), un vero senzatetto che vive una sua realtà angosciante e immaginaria, alla ricerca del Santo Graal, in cui lui, il re pescatore, è stato incaricato da Dio. Ma nella ricerca viene inseguito continuamente e perseguitato da un terrificante cavaliere rosso. In un primo momento Jack non vuole avere nulla a che fare con quello strano personaggio ma poi scopre che si tratta di un ex professore, il cui vero nome è Henry Sagan, uscito di senno dopo aver assistito alla morte della propria moglie durante la sparatoria di massa provocata dall’ex deejay. Jack intravede in questa circostanza una possibilità di redenzione e di riscatto dai propri sensi di colpa. Decide quindi di aiutare Parry a conoscere Lydia (Amanda Plummer), una donna di cui il re pescatore è segretamente innamorato. Organizza una cena a quattro, in cui lui ed Anne cercheranno di fare da cupido fra i due. Dopo la cena, Parry riaccompagna a casa Lydia e le dichiara il suo amore scoprendo con gioia che è ricambiato. Ma l’arrivo del cavaliere rosso lo costringe a fuggire. Ad inseguirlo, in realtà, sono persone in carne ed ossa, la stessa banda di delinquenti che aggredì Jack. Picchiano così Parry senza pietà, lasciandolo in stato catatonico…


Cast – fonte: www.comingsoon.it


Trailer


Riconoscimenti – fonte: www.mymovies.it

Il film ottenne ben cinque nomination ai Premi Oscar del 1992 e portandosi a casa una statuetta:

  • Miglior attrice non protagonista a Mercedes Ruehl

Le altre nomination furono:

    • Nomination Miglior attore a Robin Williams
    • Nomination Miglior sceneggiatura originale a Richard LaGravenese
    • Nomination Miglior colonna sonora a George Fenton
    • Nomination Miglior scenografia a Mel BourneCindy Carr

Curiosità – fonte: mentalfloss.comfisherkingfilm.comtvtropes.org

1. Origini della sceneggiatura.
Richard LaGravenese riscrisse completamente la sceneggiatura dopo l’uscita di Rain Man (1988), temendo troppe somiglianze. Inizialmente, Jack era un tassista cinico, ma fu trasformato in uno “shock jock” radiofonico ispirato a Howard Stern. Jeff Bridges si preparò al ruolo allenandosi come DJ e partecipando a trasmissioni radiofoniche reali nei panni di Jack Lucas.

2. La sequenza del valzer alla Grand Central Station.
Questa scena iconica non era prevista nel copione originale. Terry Gilliam ebbe l’idea sul momento, trasformando una semplice sequenza in una coreografia onirica che ha ispirato, per anni, veri valzer di Capodanno nella stazione di New York.

3. Un regista alternativo.
Prima di Gilliam, il progetto era stato proposto a James Cameron, che però rifiutò per concentrarsi su Terminator 2. La sua versione sarebbe stata più realistica e meno visionaria.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito raccoglie i Cookie DoubleClick (per info leggi la Privacy Policy). Fai clic qui per disattivarlo.